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CLAUDIA MARIN
Economia

Cgia Mestre: col salario minimo rischiamo più lavoro nero

L’associazione artigiani favorevole, purché sia considerato come trattamento economico complessivo

Salario minimo: il nodo apprendisti
Salario minimo: il nodo apprendisti

Roma, 8 luglio 2023 - Il salario minimo per legge rischia di far aumentare il lavoro nero. Questa è la tesi sostenuta nell’ultimo report dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, anche se gli esperti dell’associazione degli artigiani di Mestre si dichiarano ugualmente a favore della misura, a condizione che sia considerato come Trattamento economico complessivo (Tec). Ma andiamo con ordine. 

Salario minimo: il nodo apprendisti
Salario minimo: il nodo apprendisti

Il rischio del ‘nero’

Dalla Cgia di Mestre spiegano innanzitutto che, nel caso fosse introdotto per legge il salario minimo a 9 euro lordi l’ora, potrebbe esserci il serio pericolo di veder aumentare nel Paese il lavoro irregolare, in particolare nei settori dove attualmente i minimi tabellari sono molto inferiori alla soglia proposta dal disegno di legge presentato nei giorni scorsi alla Camera. Si tratta, spesso, di comparti “fiaccati” da una concorrenza sleale molto aggressiva - insistono gli esperti - praticata dalle realtà che da sempre lavorano completamente il “nero”. Stiamo parlando dell’agricoltura, del lavoro domestico e di alcuni comparti presenti nei servizi. In altre parole, non è da escludere che molti imprenditori, costretti ad aggiustare all’insù i minimi salariali, potrebbero essere tentati a licenziare o a ridurre l’orario ad alcuni dei propri dipendenti, “costringendoli” comunque a lavorare lo stesso, ma in “nero”. A livello territoriale il pericolo potrebbe interessare in particolar modo il Mezzogiorno che, già oggi, conta una economia sommersa molto diffusa, con una incidenza che sfiora il 38 per cento del totale degli occupati non regolari presenti in Italia (in termini assoluti 1,1 milioni di persone su un totale di 2,9).

Sì al salario minimo ma con il Tec

Dalla Cgia, però, non si chiude la porta all’intervento legislativo, purché nel trattamento economico minimo (TEM), ovvero nei minimi tabellari previsti dai singoli contratti collettivi, si facciano rientrare le voci che compongono la retribuzione differita. Elementi questi ultimi presenti nel contratto collettivo nazionale che costituiscono il cosiddetto trattamento economico complessivo (TEC). I ratei delle principali voci da sommare al TEM per ottenere il salario minimo orario lordo sarebbero: - bilateralità; - fringe benefit (buoni pasto, auto aziendale, cellulare aziendale, voucher, borse di studio, etc.) - indennità (trasferta, lavoro notturno, lavoro festivo, etc.); - premi; - scatti di anzianità; - tredicesima; - quattordicesima ; - trattamento di fine rapporto; - welfare aziendale.

Il nodo apprendisti

Gli ultimi dati disponibili resi noti dall’Istat segnalano che in Italia ci sono tra i 650 e i 700 mila apprendisti. In linea generale, inoltre, la retribuzione mensile di un apprendista si aggira attorno agli 800 euro netti. L’importo è basso perché risponde alla filosofia di questo istituto che, introdotto nel 1955, è rivolto a under 30 che entrano nel mercato di lavoro senza alcuna esperienza lavorativa e al termine di questo percorso, grazie all’attività di tutoraggio realizzata dall’azienda che li ospita, acquisiscono una professione. Per contro, l’investimento realizzato dall’imprenditore viene “premiato” con la possibilità di beneficiare di un forte abbattimento del costo del lavoro. Ora, stando ai dati riportati dall’Istat, oltre il 28 per cento del totale degli apprendisti presenti in Italia (in termini assoluti corrispondono a quasi 205 mila giovani) ha una retribuzione mediana oraria pari a poco meno di 7 euro. E’ evidente che se agli apprendisti neoassunti la retribuzione minima oraria fosse innalzata a 9 euro lordi - avvisano dalla Cgia - nel giro di qualche anno registreremo un crollo dell’utilizzo di questo contratto.

1,8 milioni i lavoratori interessati 

Gli ultimi dati disponibili in grado di dirci quanti lavoratori attualmente percepiscono meno di 9 euro lordi all’ora non sono recentissimi (2020). Altresì, non siamo nemmeno a conoscenza del numero di coloro che, prendendo come “unità di misura” il TEC, percepiscono una soglia retributiva oraria inferiore ai 9 euro. L’unica fonte in grado di avvicinarsi a quest’ultima “misurazione” è l’Inps: includendo al minimo tabellare (TEM) solo il rateo della tredicesima e del Tfr, il numero di coloro che in Italia non raggiungono il salario minimo, così come previsto dal ddl presentato nei giorni scorsi dai partiti dell’opposizione, è di 1,9 milioni. Se a questi sottraiamo i 205 mila apprendisti che a nostro avviso non devono essere coinvolti da questo provvedimento, la platea dei lavoratori “poveri” si riduce a 1,7 milioni.

4,6 miliardi di costo per le imprese

Sempre secondo i dati Inps estrapolati dalla relazione richiamata in precedenza, i dipendenti interessati dal salario minimo per legge godrebbero di 3,3 miliardi di reddito in più. Le imprese, invece, dovrebbero sostenere un costo aggiuntivo di almeno 4,6 miliardi, mentre per le casse dello Stato l’aumento delle retribuzioni comporterebbe un incremento del gettito Irpef e di quello contributivo pari a 1,5 miliardi di euro. Questi dati, comunque, sono sottostimati; gli importi appena citati sono stati stimati dall’Inps prendendo come riferimento una retribuzione oraria minima di 8 euro.