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LUCA RAVAGLIA
Cronaca

Rivoluzione PA Arriva il registro delle caselle Pec: tempi e costi tagliati

Il Domicidio digitale sarà le "pagine gialle" della posta certificata. L’iscrizione è possibile dal 6 luglio, ma non è ancora obbligatoria.

di Luca Ravaglia

Dopo l’identità, arriva anche il domicilio digitale. Dal 6 luglio è diventato possibile iscrivere il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (pec) in un indice nazionale telematico accessibile sia dalle pubbliche amministrazioni che dai privati a conoscenza del codice fiscale dell’intestatario e che consente di inviare e ricevere comunicazioni dal valore legale equiparato a quello di una raccomandata con ricevuta di ritorno. Una sorta di "pagine gialle" delle pec esistenti.

L’opzione (è giusto rimarcare che non si tratta di un obbligo) presenta diversi vantaggi, legati prima di tutto alla gestione delle comunicazioni che arrivano dagli enti pubblici di vario genere e che spesso fino a ora si erano tradotte nelle tanto temute ‘cartoline’ che il portalettere deve recapitare ai diretti interessati. Lasciando magari enigmatici avvisi nelle buchette delle lettere di chi non si trova in casa al momento del suono del campanello e che a quel punto deve accollarsi l’onere di raggiungere l’ufficio postale di competenza nei giorni successivi.

Registrandosi nell’Indice Nazionale dei Domicili Digitali (per farlo bisogna accedere al sito https:domiciliodigitale.gov.it utilizzando le proprie credenziali Spid, della Carta di Identità elettronica o della Carta Nazionale dei Servizi, inserendo poi il proprio indirizzo pec) invece questo problema viene evitato. Il personale dell’ufficio della pubblica amministrazione coinvolto nell’atto infatti, invece di predisporne l’invio cartaceo, si limita a individuare l’indirizzo pec corrispondente e inoltrare il documento con un clic. Così vengono drasticamente ridotti i tempi e i costi. Il servizio è gratuito, ma presuppone ovviamente la necessità di disporre di un indirizzo di posta elettronica certificato. Al momento nel nostro Paese ne sono stati registrati circa 14 milioni e mezzo.

Se è vero che per il cittadino non c’è alcun obbligo di disporre di un indirizzo pec, nel nostro ordinamento sono progressivamente comparse disposizioni che hanno imposto questo tipo di casella di posta elettronica a un crescente numero di soggetti. Le categorie coinvolte, oltre alle pubbliche amministrazioni, sono i professionisti iscritti a un albo, le società di persone, le partite iva e le ditte individuali, compresi gli artigiani. Sono invece esentate le partite iva assoggettate al regime forfettario (ad eccezione di quelle iscritte a un albo professionale o alla Camera di Commercio).

Il fatto che i vantaggi siano apprezzati, è dimostrato dai numeri, che parlano di 493 milioni di messaggi scambiati nell’arco di un bimestre a inizio 2023. Per creare una casella di posta elettronica serve prima di tutto accedere al sito di uno dei tanti provider che forniscono il servizio: l’elenco dei gestori autorizzati è pubblicato sul sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale. Attualmente sono elencate una ventina di opzioni che comprendono, tra gli altri, Aruba, il Consiglio Nazionale del Notariato, Infocert, Intesa, Poste Italiane e Telecom Italia Trust Technologies. Agli albori del servizio, nato nel 2005, aprire e mantenere una pec era un’operazione gratuita. Ora invece è previsto un costo.

Gli importi base partono da circa 5 euro (più iva) all’anno durante gli eventuali periodi promozionali e a regime si attestano intorno ai 10, con in ogni caso sensibili differenze che variano in base alle opzioni aggiuntive richieste, traducibili per esempio in maggiori spazi di archiviazione o in sevizi di notifica personalizzati.