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CLAUDIA MARIN
Economia

Salario minimo, Bonomi apre: nessun veto. Ma è bufera tra Cisl e Uil

Il leader degli industriali: "Una grande sfida, i nostri contratti sono già sopra la soglia dei 9 euro"

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, "apre" sul salario minimo: "Non c’è un veto, anzi è una grande sfida ed entriamo nel pieno dei temi. Con una soglia di 9 euro non è un problema di Confindustria. I nostri contratti sono tutti superiori". Ma sullo stesso dossier è bufera tra Cisl e Uil. Il leader del sindacato di Via Lucullo, Pierpaolo Bombardieri, parla di "lavoro sottopagato e contratti pirata, firmati anche da sindacati gialli che spesso il governo chiama al tavolo e che dialogano molto bene con Sbarra". Un j’accuse senza precedenti che fa infuriare il numero uno di Via Po: "Sono affermazioni gravi e farneticanti. Bombardieri è nervoso e ha condannato in questi anni una grande organizzazione riformista come la Uil a un ruolo gregario e subalterno ad altri sindacati e alla più totale irrilevanza sociale e politica".

Carlo Bonomi
Carlo Bonomi

Nelle stesse ore Elly Schlein e Giuseppe Conte, con Maurizio Landini, e lo stesso Bombardieri, si ritrovano al convegno organizzato dall’ex presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, per dare battaglia sulla proposta di salario minimo a 9 euro. Sulla scorta dei numeri sul crollo del potere d’acquisto delle retribuzioni negli ultimi due anni (-15% secondo uno studio dell’economista della Normale, Mario Pianta), i leader della sinistra politica e i capi di Cgil e Uil spingono sull’acceleratore: "Abbiamo un governo reazionario e della restaurazione – attacca il leader M5s –. In modo consapevole sta programmando un incendio sociale". Ma, polemiche a parte, quali sono i numeri e i nodi da sciogliere del salario minimo?

Sono circa 4,6 milioni i lavoratori sotto il limite dei 9 euro l’ora lordi, circa il 30 per cento del totale. Ma se scendiamo più nel dettaglio, si scopre che la quota è del 26 per cento nel settore privato, del 35 per cento tra gli operai agricoli e raggiunge addirittura il 90 per cento dei lavoratori domestici. Senza contare che guadagnano meno di 9 euro il 38% delle persone con meno di 35 anni e il 26% delle lavoratrici.

A parte colf e badanti si possono individuare le altre categorie di lavoratori che oggi sono pagate meno di 9 euro l’ora: quelli del settore del turismo (con trattamento orario minimo a 7,48 euro), quelli delle cooperative nei servizi socio-assistenziali (7,18 euro), di dipendenti delle aziende dei settori dei pubblici esercizi, della ristorazione collettiva e commerciale (7,28 euro), quelli dell’abbigliamento (7,09 euro). Ma in certi casi si scende addirittura al di sotto della soglia dei 7 euro: per i servizi socio-assistenziali, in cui il minimo retributivo è fissato in euro 6,68 o per le imprese di pulizia (a 6,52 euro). Per non parlare del contratto della vigilanza e dei servizi fiduciari (tra 4,60 e 6 euro).

A spingere verso il basso le retribuzioni minime sono stati e sono certamente i cosiddetti contratti-pirata, in sostanza gli accordi sindacali stipulati da micro-organizzazioni, che contemplano condizioni economiche e normative svantaggiose. Accordi per i quali c’è stata una proliferazione senza precedenti in questi anni: nel 2005 i contratti collettivi di lavoro depositati al Cnel non arrivavano a 300, oggi siamo a 966. Il 72% dei quali riguarda meno di 500 lavoratori.

Non è da sottovalutare, d’altra parte, il rischio che ci possa essere la tentazione delle imprese di ridurre alla soglia minima legale la retribuzione effettivamente pagata. Come quello di una diminuzione di ore lavorate, operazione obbligata per le imprese che non riuscissero a sostenere i maggiori costi. Tale potenziale riduzione – secondo gli esperti di Adapt – potrebbe interessare circa il 28% dei lavoratori italiani, occupati in aziende che si troverebbero "spiazzate" dalla novità.