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GIOVANNI SERAFINI
Esteri

Francia spezzata: ronde dei neofascisti a caccia di manifestanti. Scontro sulle donazioni

Stato e antagonisti, centro e periferia: le fratture sono tante e profonde La sinistra vuole bloccare la colletta per il poliziotto che ha ucciso Nahel

A una settimana dalla morte di Nahel, il grande incendio sembra attenuarsi. "Il livello delle violenze è diminuito", dice il ministro dell’interno Darmanin. Il ritorno alla calma è tuttavia lontano e il presidente Macron lo sa talmente bene da esigere che venga mantenuta sul terreno "una presenza massiccia" delle forze di polizia, 45mila uomini come nei giorni precedenti. Può darsi che la furia dei giovani e giovanissimi si sgonfi un po’, ma rimangono intatti, non amovibili in tempi brevi, i grandi problemi di fondo che hanno scatenato la rivolta.

Rivolte in Francia
Rivolte in Francia

La Francia è spaccata. Una parte del Paese, quella delle banlieue e delle frange estreme di sinistra che sognano la rivoluzione, rifiuta apertamente l’autorità dello Stato. C’è la Francia dei casseur che spaccano le vetrine e danno fuoco a commissariati e municipi, e c’è la Francia dei sindaci che si ritrovano in prima linea, bersagli di una ferocia senza limiti. C’è la Francia che ama i poliziotti e quella dei criminali che tentano di ammazzarli a fucilate, o di bruciarli vivi con le molotov. C’è la Francia delle istituzioni e quella dei giustizieri che vanno in giro con mazze da baseball per punire i manifestanti. La divisione è profonda fra metropoli e periferie: decenni di costose politiche urbanistiche non hanno portato alcun risultato. Anche fra gli immigrati la frattura è dolorosa fra i tanti che hanno saputo integrarsi, e i loro figli e nipoti che sono diventati cittadini francesi ma restano legati alla mentalità dei Paesi di origine: "I nostri ragazzi non ci ascoltano, non abbiamo nessuna presa su di loro, vivono e si realizzano in bande, fuori di casa", si lamentava un’anziana algerina intervistata dopo i fatti di Nanterre. "Nei quartieri periferici, nelle lande desolate a nord di Parigi, l’odio è diventato il collante che tiene insieme migliaia di emarginati", commenta il sociologo Olivier Galland. Film come La Haine o Les Miserables descrivono perfettamente questo clima. L’avvento massiccio dei social ha banalizzato la violenza: i minorenni che vanno a scontrarsi con la polizia eseguono gesti che hanno appreso guardando i video del telefonino. "Assistiamo a una contro-reazione delle periferie che si sentono penalizzate", aggiunge lo storico Marc Lazar.

"È la democrazia che viene attaccata. I sindaci, gli insegnanti, i poliziotti, perfino i nostri medici e i nostri postini, tutti siamo presi di mira. Dobbiamo riprendere la parola affinché la maggioranza sin qui silenziosa si faccia sentire", ha detto Vincent Jeanbrun, vittima con la sua famiglia di un’aggressione ignobile a Haye-les-Roses. "Sindaci, deputati ed insegnanti sono l’ultima barriera: se cadono loro, è la fine", aveva detto nei giorni scorsi il ministro della Giustizia, Eric Dupond-Moretti, evocando l’orribile fine di Samuel Pathy, il professore condannato a morte e decapitato per aver fatto una lezione sulle vignette islamiche.

Anche nella politica la frattura è vistosa. La crescita di un’ultrasinistra insurrezionale che ha appoggiato ieri i gilet gialli, e si schiera oggi con i rivoltosi delle banlieue, sta ponendo un problema di convivenza non solo con i centristi e con la destra, ma con quella parte della gauche (i socialisti, i comunisti, una buona metà dei verdi) che non accetta più la leadership di Mélenchon; uniti nella formazione Nupes, che ha sfiorato il 30 per cento alle ultime legislative, oggi contestano il loro leader che rifiuta di condannare le violenze. Un’altra spaccatura è quella provocata nella società civile dalla comparsa dei "giustizieri della notte", che in alcune città hanno costituito ronde per “punire” i giovani delle periferie facendo il saluto romano e brandendo mazze da baseball. Perfino quando si tratta di organizzare una colletta la Francia si divide: quella organizzata dai seguaci di Zemmour per aiutare la famiglia del poliziotto accusato dell’omicidio di Nahel ha superato il milione di euro, mentre l’altra a favore dei familiari della vittima non ha superato i 190mila euro. "Quella lanciata dall’estrema destra non contribuisce alla pacificazione", commenta la premier Elisabeth Borne.