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DAVIDE
Cronaca

Un genitore deve sapere anche tacere

Davide

Rondoni

La paternità è una vertigine. So, per esperienza, che essere padre è una esperienza ricca e complicata, esposta a rischi e a ferite oltre che a meraviglie. Non a caso il grande Péguy diceva che il padre è il vero avventuriero del mondo contemporaneo. E dunque so bene quanto forte sia la spinta a difendere i propri figli, quando li si vede toccati dal pericolo o dall’ingiustizia. E guai a un mondo dove questo sentimento radicale di predilezione e di difesa, di amore, venisse meno. Sarebbe un mondo completamente disumano. Abitato da robot non da persone. Ma. C’è anche un "ma" da tenere presente, quando avvengono fatti come quelli che vedono coinvolto il figlio del Presidente La Russa. Se da un lato comprendo il tormento di sentimenti del padre La Russa, così come quelli di Grillo toccato da una vicenda simile nel tipo di accusa, dall’altra comprendo che un padre deve anche saper tacere. Deve certo affermare che si fida di suo figlio, se è così, e che si fida della giustizia, se è così, però non altro. Sul resto tacere. E questo difficile e anche doloroso silenzio vale per due motivi almeno. Il primo, elementare, è che trattandosi di una questione penale in gioco, ed avendo tali padri responsabilità pubbliche che permettono di avere megafoni che i poveri cristi non hanno, si dovrebbe tacere per rispetto del corso della giustizia che si celebra nei tribunali (difettosa, ma è l’unica che abbiamo). Cosí come non si devono dare condanne preventive, non si devono dare assoluzioni.

Il secondo motivo sta nel fatto che su una vicenda che investe una personalità pubblica di primo piano, si addensa, ovvio, di ambiguità e retropensieri. Motivo in più perché il padre, anche in virtù della sua fiducia nel figlio se ne ha, sia parco, essenziale di parole. Per quanto vorrebbe reagire - comprensibilmente- come bestia ferita, deve tacere. Anche perché il figlio è ormai grande.