L’erede di Anna Politkovskaja Coperta di vernice e picchiata L’ultimatum alla reporter russa

Milashina è stata rasata e minacciata in Cecenia: "Non scrivere nulla, questo è un avvertimento". Il suo caso ricorda quello della cronista assassinata nel 2006. Oggi come allora l’ombra di Putin.

L’erede di Anna Politkovskaja  Coperta di vernice e picchiata  L’ultimatum alla reporter russa
L’erede di Anna Politkovskaja Coperta di vernice e picchiata L’ultimatum alla reporter russa

di Marta

Ottaviani

La Russia continua a colpire duro i giornalisti come ai tempi di Anna Politkovskaya. La differenza, rispetto al 2006, quando la reporter di Novaya Gazeta fu uccisa nell’ascensore di casa sua a Mosca, è che ormai il "sistema Putin" è noto e che l’Occidente non ha più intenzione di girarsi dall’altra parte. Anche perché ieri è avvenuto un fatto molto somigliante ai precedenti che portarono all’uccisione della reporter, diventata, all’estero – non a casa sua – il simbolo della libertà di stampa e dell’opposizione al regime di Mosca. Elena Milashina, giornalista a sua volta della testata Novaya Gazeta e considerata l’erede della Politkovskaya per le sue inchieste scomode sulle donne e il rispetto dei diritti umani in Cecenia, è stata assalita brutalmente mentre si trovava su un taxi che dall’aeroporto di Grozny, la capitale della repubblica caucasica, la stava conducendo verso il centro della città. Con lei c’era anche l’avvocato Alexander Nemov.

I due si stavano recando a Grozny e per un motivo ben preciso. Ieri, la corte penale della capitale cecena doveva decidere della sorte di Zarema Musaeva, che infatti ha ricevuto una pena detentiva di cinque anni e mezzo di carcere. Per chi segue la repressione del presidente ceceno, Ramazan Kadyrov, era un appuntamento importante. La donna, 53 anni e gravi problemi di salute, ufficialmente è stata condannata per frode e per aver aggredito un agente. Entrambe le accuse sono false e politicamente motivate. La vera colpa di Zarema Musaeva è quella di essere la moglie di Saidi Yangulbaev, ex giudice della Corte penale cecena e madre di due dissidenti e fra i maggiori oppositori proprio di Kadyrov che, non potendo colpire loro, perché sono scappati, prima dell’inizio della guerra ha fatto arrestare la loro madre e l’ha messa sotto processo per vendicarsi. Musaeva è stata condannata, Milashina ha ricevuto un avvertimento.

La donna è stata presa a calci e pugni, riportando un trauma cranico e diverse fratture alle dita delle mani. Alla fine gli aggressori l’hanno rasata, tingendole il cranio con uno spray verde. Alexander Nemov, oltre alle percosse, è stato pugnalato a una gamba. A entrambi è stato detto: "Questo è un avvertimento. Andate a casa vostra e non scrivete nulla". I due, nel pomeriggio, per ordine di Kadyrov in persona, sono stati trasferiti da Grozny a un centro di cura a Beslan, località tragicamente nota per il massacro avvenuto nel 2004, operato dalle forze speciali russe dopo che una scuola era stata occupata da terroristi islamici e separatisti ceceni. Il Cremlino ha cercato di correre ai ripari. Il portavoce, Dmitrij Peskov, ha dichiarato che il presidente Putin ha appreso dell’accaduto e che l’aggressione ai danni della giornalista di Novaya Gazeta, è un fatto preoccupante "contro cui vanno presi i provvedimenti più efficaci e severi".

Kadyrov ha assicurato che sono partite le indagini per identificare gli autori del crimine. Ma il controllore e il controllato coincidono. In Cecenia non si muove foglia senza il permesso del giovane presidente. In più, Milashina, come del resto Anna Politkovskaya, è invisa tanto al potere di Grozny, quanto, soprattutto, a quello di Mosca. Sembra solo una messa in scena per mantenere una parvenza di stato di diritto davanti alla comunità internazionale proprio adesso che la Russia è sotto i riflettori. Ma la verità è che i metodi intimidatori da tagliagole del presidente ceceno stanno facendo scuola su tutto il territorio della Federazione Russa con la benedizione del Capo del Cremlino.