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GIOVANNI ROSSI
Cronaca

Il politologo Vassallo "Destra garantista per difendere il governo La riforma? Ancora vaga"

Il direttore dell’Istituto Cattaneo: su certi temi resta il riflesso legge e ordine "Le polemiche con i magistrati segnalano una crescente fase di incertezza. Il rimpasto non sembra vicino, a meno di ripensamenti sul caso Santanchè".

Il politologo Vassallo  "Destra garantista  per difendere il governo  La riforma? Ancora vaga"
Il politologo Vassallo "Destra garantista per difendere il governo La riforma? Ancora vaga"

di Giovanni Rossi

"Attenzione a non prendere abbagli. Non c’è alcun disallineamento di Giorgia Meloni sulla giustizia. Sul piano della teoria, il suo pensiero di impronta garantista è e resta, da oltre un decennio, del tutto affine a quello berlusconiano risalente all’epoca del Popolo della Libertà. Meloni, La Russa o Gasparri, al di là dei rispettivi sbocchi partitici o personali, erano del tutto allineati alla narrazione del leader. La discontinuità che emerge oggi è invece negli atteggiamenti e nei giudizi sulla magistratura, oltre che nella difesa stizzita degli uomini e delle donne di governo finiti sotto la lente degli inquirenti. Tutto il contrario di quanto sostenuto in passato, chiedendo le sistematiche dimissioni degli avversari coinvolti nei casi giudiziari, per motivi di opportunità". Salvatore Vassallo, 57 anni, ex parlamentare Pd, professore di scienza politica e politica comparata all’Università di Bologna e direttore dell’Istituto Carlo Cattaneo, osserva con disincanto le mosse della premier.

Per la prima volta in difficoltà?

"Se l’opposizione spera che cada sulla questione giustizia, si sbaglia. Non vedo voragini imminenti. I casi Delmastro o Santanchè non sono sufficienti a mandare in crisi la maggioranza. Non ora comunque".

In parallelo al garantismo, Fratelli d’Italia ha sempre interpretato un copione “manettaro“. Adesso che è al governo, questo atteggiamento doppio può ancora reggere?

"Sì, perché è un binario sperimentato. Il riflesso di legge e ordine è riservato ad aspetti che impattano il senso comune: contrasto alla criminalità, emergenza immigrati, lotta alle droghe".

Insomma, la famosa "chiave da buttare via" cara a Matteo Salvini per sigillare i casi di cronaca più efferati?

"Con accenti diversi in Forza Italia, il centrodestra rappresenta tuttora questa linea".

Trattamento ben diverso rispetto a quello immaginato per politici e colletti bianchi?

"Esatto".

Neppure la vicenda del figlio del presidente del Senato, Ignazio La Russa, accusato di violenza sessuale, può avere qualche impatto politico?

"Su La Russa forse, non certo sulla presidente del Consiglio".

In che senso?

"Il presidente del Senato era andato a sostenere, solo pochi giorni prima, i giovani di Fratelli d’Italia promotori di una controcultura legalitaria e anti stupefacenti. Se fosse vera la discutibile rappresentazione dei fatti offerta in modo così poco istituzionale dopo la denuncia della ragazza, il contesto in cui sarebbe maturata la vicenda di suo figlio dimostrerebbe, al contrario, frequentazioni familiari molto lontane dall’integrità sempre auspicata in pubblico dalla seconda carica dello Stato".

Il sottosegretario Delmastro che passa documenti riservati sul caso Cospito al coinquilino Donzelli, la ministra Santanchè accusata di non pagare il Tfr ai dipendenti, il ministro Lollobrigida che paventa la "sostituzione etnica". Al di là degli esiti penali, il militante di destra è disposto a passare sopra a tutto?

"L’elettore guarda a Giorgia Meloni. È lei il magnete che attrae voti. È lei la garante dell’asserita svolta del Paese. Il fatto che le figure che la attorniano esprimano comportamenti censurabili rafforza paradossalmente il patto diretto e personale stretto con il singolo elettore. La conquista di Palazzo Chigi risponde a criteri di affidabilità e solidità. Solo se questi dovessero venire meno, gli umori dell’elettorato potrebbero cambiare".

Fino a suggerire un rimpasto di governo?

"Non è un’ipotesi vicina. A meno che non emergano elementi cogenti che impongano ripensamenti sul caso Santanchè".

E le polemiche coi magistrati?

"Sono insidiose non tanto e non solo perché impattano sulla delicata materia dei rapporti tra poteri dello Stato, ma perché segnalano uno stallo nell’azione di governo e una crescente fase di incertezza".

Pronostico da politologo?

"Al di là degli slogan, la riforma della giustizia resta tuttora molto vaga, e ciò nonostante appare già fonte di incomprensione anche con le forze di opposizione disponibili a sostenerla. Ecco quale deve essere il timore di Giorgia Meloni: apparire improvvisamente incapace di una navigazione concreta e sicura".