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GIOVANNI SERAFINI
Esteri

Banlieue, l’ultima frontiera. Barricate di rabbia e macerie: "Qui lo Stato è il nemico"

Da Nanterre a Saint-Denis: viaggio nelle terre perdute della République, devastate dai tumulti Si fondono lotta di classe e ribellione post-coloniale, un mix esplosivo. "Le proteste? Giuste"

Parigi, 2 luglio 2023 – Le immagini sono sempre le stesse: automobili carbonizzate, edifici anneriti dalle fiamme, scuole, asili nido, municipi, negozi, commissariati di polizia devastati.

È così da settimane nei territori perduti della République, a Clichy e Sevran, ad Aulnay-sous-Bois e Aubervilliers, a Saint-Denis e Montargis, nell’immensa desolata banlieue che si estende a nord della capitale. Andiamoci dunque in questi villaggi dell’ultima frontiera, in queste lande che lo Stato non riesce a recuperare nonostante i miliardi spesi ogni anno per i programmi di rieducazione e integrazione.

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Cominciamo da Nanterre, il luogo da cui è partito il grande incendio. Fino a ieri sembrava una città tranquilla, ordinata, pulita. 98mila abitanti. Un Municipio modernissimo di quattro piani realizzata nel 2011 dall’architetto Daniel Rodet. Un campus universitario che ospita ogni anno 35mila studenti. Un insieme di grattacieli residenziali che sembrano usciti da un quadro di De Chirico, le “Tours Aillaud”, decorate con pitture a forma di nuvole, "emblematiche dell’urbanismo democratico anni Settanta".

C’è il parco Malraux, grandissimo, che separa la Prefettura dalla “Cité Pablo Picasso”: è in quest’ultima “zona sensibile” che è esplosa martedì scorso la tragedia di Nahel, fermato per un controllo stradale e ucciso con un colpo di pistola. Oggi il parco è presidiato da decine di poliziotti in assetto da guerra. I camion della nettezza urbana passano di continuo per cancellare le tracce delle battaglie notturne tra forze dell’ordine e bande di esagitati, in larghissima parte minorenni. “È tutto chiuso, niente autobus, niente metro, niente negozi, ma fa niente, i giovani hanno ragione a rivoltarsi", commenta Zinedine, pensionato di origini algerine.

“Non c’è libertà in questo Paese, i ragazzi delle banlieue vengono ammazzati come cani, e poi ci si stupisce se vanno in giro a spaccare tutto", aggiunge Yasmine Djamai, 21 anni. "Ho sentito Macron dire che i genitori devono tenere i figli a casa", dice Lucette, abitante della Cité Picasso da decenni: "Si vede che non conosce la realtà. È da un pezzo che i giovani, gli adolescenti, perfino i bambini di 10 anni, non danno retta ai genitori. Vivono fuori. Si divertono a prendere in giro i poliziotti mostrando il dito medio mentre fanno i rodei sugli scooter".

Ieri sono stati arrestati dei quindicenni che tentavano di forzare un negozio di elettrodomestici. Altri hanno dato fuoco ai locali di Enedis, la compagnia dell’elettricità. Altri ancora hanno preso di mira i locali della Direzione centrale della polizia giudiziaria. "Non hanno più paura di niente", afferma Zinedine.

Stesso clima, stessa desolazione nella vicina Aubervilliers, 83mila abitanti prevalentemente maghrebini. "Qui può succedere che mentre sei fermo al semaforo ti puntino contro una pistola e ti chiedano di consegnare orologio e portafoglio. O che ragazzine di 14 o 15 anni ti sputino in faccia se non gli dai un pacchetto di sigarette. Conoscono solo la legge del più forte, vivono in un mondo che sembra un videogioco. La grande aspirazione è avere soldi, droga, auto di lusso. Lo Stato è il nemico. La parola d’ordine è ‘fuori i flic’, anche se i flic (poliziotti, ndr ) ormai non si vedono molto da queste parti", dice il gestore di una tabaccheria.

E un avventore: "Lo sa che hanno incendiato un deposito di autobus l’altra sera, e che le fiamme hanno invaso il cantiere vicino in cui si sta costruendo una piscina per i giochi olimpici? Me lo dico tutti i giorni: con l’aria che tira, decidere di organizzare le Olimpiadi 2024 in Francia è stata un’idiozia. I turisti non verranno…".

In bilico fra delusione, rabbia, depressione e rassegnazione, gli abitanti delle banlieue guardano allibiti le distruzioni dei loro quartieri. Racconta un poliziotto che incontriamo a Saint-Denis, la città in cui venivano incoronati i re di Francia: "Ieri sera abbiamo arrestato un giovane che insieme con altri aveva dato fuoco alla scuola elementare. Gli abbiamo chiesto: perché lo hai fatto? Lui ha risposto: ‘Per vendicarmi di un flic che mi aveva detto di chiudere la mia bocca di merda’. Cosa c’entra questo con la scuola elementare?, abbiamo replicato. Lui si è stretto nelle spalle: "Non lo so, ho pensato che gli incendi non piacciono ai poliziotti".

Nel calderone tutto si mescola in una miscela esplosiva: ignoranza, rivolta anarchica, teppismo, risentimento post-coloniale, rivendicazioni di classe: "È un problema strutturale che né la destra né la sinistra hanno voluto affrontare", dice Michel Wieviorka, studioso di dinamiche sociali. "La risposta – spiega – può venire solo da un severo esame di coscienza: la Francia deve ammettere il fallimento del suo modello repubblicano d’integrazione".