Vino e vigne, un tesoro da sfruttare meglio

Vino e vigne, un tesoro  da sfruttare meglio
Vino e vigne, un tesoro da sfruttare meglio

ERA NATO negli anni ’80 come bisogno diffuso di passare del tempo in campagna, in ambienti rurali, dall’atmosfera bucolico-virgiliana. È diventato l’elemento trainante del turismo contemporaneo, quello esperienziale, in qualche modo anche culturale. Lo dicono loro, gli interessati: i 15 milioni di italiani che si dichiarano affascinati dalle vigne e dalle cantine e non solo per la possibilità, comprensibile, di completare una visita con il rito non disprezzabile della degustazione. Una cosa è certa: il mondo del vino è diventato quello con il maggior potere seduttivo sui viaggiatori italiani ma anche sugli stranieri che scelgono il Belpaese come destinazione. E l’enoturismo è quello che più di altri sembra più facilmente associabile alla possibilità, oggi richiestissima, della WOW Experience. Peraltro, con ricadute tutt’altro che marginali dal punto di vista economico e commerciale, se è vero che vale oltre 2,6 miliardi di euro e incide almeno per il 27% del fatturato delle aziende vitivinicole.

Il motivo di tanto successo? Il profilo decisamente "ricco" di questo tipo di viaggiatore, disposto a spendere giornalmente tra i 100 e i 120 euro e interessato a un contatto diretto con le realtà produttive che vuole conoscere e avvicinare. Illuminante lo studio dell’Osservatorio Divinea a conferma dell’enorme potenziale dell’enoturismo, potenziale – va detto – in parte sprecato o non sfruttato. Gli esempi si sprecano. Il 73,8% di chi vive un’esperienza in vigna acquista al termine della visita almeno una bottiglia di vino? Bene, solo il 31,8% delle aziende vitivinicole si organizza per accogliere i visitatori anche la domenica, giornata tra le più preferibili dal pubblico. E comunque, per il 70,8%, le cantine sono focalizzate solo sulle degustazioni, dimenticando che i nuovi enoturisti chiedono di vivere anche altre emozioni. Tant’è.

La situazione sta comunque migliorando rispetto al passato. Lo dice chiaramente il report Nomisma, redatto Denis Pantini responsabile Agrifood e Wine Monitor (nella foto sopra), che inquadra il boom dell’enoturismo nella mappa delle "cantine turistiche" della penisola più o meno attrezzate per l’incoming. Rispetto al passato è aumentata l’offerta di forme di ospitalità collaterali al vino ma molto richieste: pic-nic in vigna, corsi di cucina, mostre, jogging e tour in bici tra i filari vitati. E – vere protagoniste di tanta rivoluzione – sono le donne, capaci di inventare originali soluzioni di accoglienza e di trasformare l’attrattiva "vino" in proposte di soggiorno che spesso si distendono su più giorni.

Una fotografia contemporanea, quella scattata da Nomisma, che però non basta a promuovere l’Italia rispetto ad altri Paesi come Usa, Francia e Spagna. Lo puntualizza anche il recente Rapporto sul Turismo Enogastronomico 2023 di Roberta Garibaldi che fa emergere la distanza imperdonabile tra la domanda di esperienze speciali nei luoghi di produzione e l’offerta effettiva di iniziative adeguate a soddisfare queste richieste. Un gap che viaggia mediamente tra il 48 e il 61%. Come dire: uno spreco di opportunità.