np_user_4025247_000000
Redazione
Moda

Pelle e sole, tra mode e simboli

Dal pallore alla “tanoressia”, come si è evoluto nel tempo il nostro rapporto con la tonalità della pelle sotto il sole

Ursula Andress in 'Agente 007 - Licenza di uccidere' (1962)
Ursula Andress in 'Agente 007 - Licenza di uccidere' (1962)

“Abbronzatissima” recitava il ritornello della hit di Edoardo Vianello nel 1963, e, ancora, nel 1991 “Abbronzatissimi” era il titolo della commedia con con Jerry Calà e Teo Teocoli. Il superlativo fa subito pensare alla pelle color cioccolato, baciata - o bruciata - dal sole, ma anche alle vacanze, agli stabilimenti balneari, a località esotiche e alle giornate trascorse sul lettino in spiaggia. Ma come sono mutati nel corso del tempo i significati, le simbologie e le mode riguardo al nostro rapporto con l’abbronzatura? Come si è arrivati dal mito del “pallore” alla ricerca della tintarella tutto l'anno, al punto da fare la fortuna di lampade e autoabbronzanti? E adesso di che colore vogliamo la pelle?

Dal mito del pallore alla nascita della Fototerapia

Nell’antichità fino ai primi del '900, in Occidente l'abbronzatura era considerata simbolo di appartenenza alle classi sociali meno agiate, costrette a lavorare per lunghi periodi nei campi sotto il sole. La prerogativa delle nobildonne, che stavano ben lontane dal lavoro e dai campi, era la pelle lattea. Per questo si proteggevano con cura dal sole e ricorrevano alla cosmesi per mantenere il pallore e agli ombrellini parasole. A partire dai primi decenni del XX secolo, con la scoperta dei benefici che il copro trae dalla luce solare, l'opinione sull'abbronzatura inizia a mutare. Nel 1903, infatti, il premio Nobel per la medicina Niels Ryberg Finsen apre la strada alle nuove ricerche sulla fototerapia, ovvero gli effetti benefici della luce su alcune malattie, tanto che qualche anno più tardi, proprio grazie alle scoperte di Finsen, il collega John Harvey Kellogg (inventore degli omonimi cereali) riesce a curare la gotta di re Edoardo VII d’Inghilterra attraverso la fototerapia. L’esposizione alla luce solare inizia così a essere considerata per i suoi vantaggi in ambito medico e la conseguente abbronzatura viene accettata per motivi di salute.

…nel 1923 Coco Chanel sfoggia la pelle abbronzata in Costa Azzurra

Tra i tanti meriti che si attribuiscono a Gabrielle “Coco” Chanel quale pioniera della moda e anche a supporto dell'emancipazione femminile c'è anche quello, forse meno noto, di aver sdoganato l'abbronzatura. Sono i primi anni del '900, sono gli anni della Belle Époque, dell’edonismo e del culto del tempo libero. Sono gli anni in cui le località termali e balneari, in Costa Azzurra, a Sanremo e a Venezia attirano turisti. E chi può permettersi di poter andare in vacanza sono chiaramente le classi più abbienti e i personaggi famosi. Ed è proprio in questo contesto che la visionaria Coco Chanel, nel 1923, in Costa Azzurra viene immortalata da una macchina fotografica con la pelle dorata. Un personaggio pubblico, un’icona di stile del tempo come lei incarna così un nuovo desiderio: quello di prendere il sole.

La tintarella diventa sinonimo di benessere fisico ed economico

Il gioco è fatto: l'abbronzatura diventa sinonimo di vacanza e dunque di agiatezza economica e di benessere fisico. Nel 1928 arriva il primo olio abbronzante Huile de Chaldée, creazione dello stilista francese Jean Patou, seguito, nel 1935, dal primo olio abbronzante con protezione dai raggi UV Ambre Solaire di L’Oréal. L’immaginario della tintarella, dunque, si ribalta e diventa sinonimo di agiatezza, di una vita all’insegna dei viaggi e delle vacanze. La distinzione sociale legata alla tonalità della pelle, dunque, resiste e, quel che era accaduto prima con il pallore accade poi con la tintarella, solo a carte invertite: la pelle lattea è ora prerogativa delle classi meno abbienti, costrette a lavorare al chiuso negli uffici o nelle fabbriche e prive della possibilità di fare lunghe vacanze. Soprattutto dopo la Seconda Guerra mondiale si fa sempre più largo il culto per la tintarella e conseguentemente fioriscono nuovi trend anche per l’industria, tra costumi da bagno, cosmetici e abbigliamento che permettono di acquisire e sfoggiare il colorito perfetto in qualsiasi stagione dell’anno. Nel 1946, per esempio, nasce il bikini, che permette al sole di baciare quante più parti del corpo femminile e anche le star di Hollywood, complici la nascita e la diffusione dei film a colori, sfoggiano pelli abbronzate - si pensi a Ursula Andress che sfoggiò un costume bianco nel film James Bond del 1962 “Agente 007 - Licenza di uccidere” che risaltava la pelle abbronzata - incentivando sempre di più le vacanze al mare e l’utilizzo dei prodotti “autoabbronzanti”.

Tanoressia, ovvero la compulsione a esporsi esageratamente ai raggi solari

Le spiagge si riempiono di lettini per esporsi al sole e il fenomeno dell’abbronzatura diventa sempre più preponderante (e per alcune persone ossessivo) tanto da dover coniare un nuovo termine: “Tanoressia”, ovvero la compulsione a esporsi esageratamente ai raggi solari. Il trend si sviluppa a macchia d'olio e non basta più essere abbronzati solo d'estate. Le tecnologie evolvono e vanno incontro al desiderio sempre più diffuso di sfoggiare la tintarella tutto l'anno. Arriviamo agli anni '90 e per molti, in questo decennio, l'appuntamento fisso del sabato pomeriggio è con il lettino o la doccia abbronzante: scurire la pelle è il nuovo status symbol. Ma nel giro di qualche anno l'abuso di lampade abbronzanti comincia a mostrare i primi effetti negativi: macchie sulla pelle, invecchiamento precoce e la medicina che rintraccia nell’esposizione alle radiazioni UV del sole la causa della maggior parte dei tumori della pelle. Inizia la marcia indietro. Nella prima decade dei 2000 iniziano le campagne che contrastano l'iper esposizione solare, la protezione diventa cool e la tendenza vira su un’abbronzatura naturale e graduale.

Oggi la tendenza è verso una pelle color miele

La risposta per soddisfare il desiderio di un colorito “baciato dal sole” e, al contempo, scongiurare i danni legati all'esposizione ai raggi nocivi arriva dalle industrie cosmetiche e farmaceutiche. La parola d'ordine è protezione. Le creme solari nel corso degli anni si sono perfezionate e diversificate sempre di più grazie alle innovazioni della tecnologia cosmetica, passando da unguenti pastosi a texture sempre più impalpabili. Anche il colore dell’abbronzatura ideale è passato dalle nuance innaturali degli anni 2000 a un color miele, sinonimo di un’esposizione distribuita nel tempo e graduale, che oggi si consolida come il vero trend, simbolo di cura di sé, moderazione e salute.