Moda in orbita L’Italian style detta legge nelle tute spaziali

Moda in orbita  L’Italian style  detta legge  nelle tute  spaziali
Moda in orbita L’Italian style detta legge nelle tute spaziali

È ITALIANA LA PRIMA TUTA interattiva per astronauti. La produce Spacewear, startup marchigiana, nata dall’unione di fashion designers con ingegneri aeronautici. A guidarla c’è Corinna Sperandini (foto sotto), ceo della società e manager di lungo corso proprio nel settore della moda. "Abbiamo unito la capacità tutta italiana della moda made in Italy, con gli ingegneri aeronautici", spiega. Da un lato il bello, dall’altro la tecnologia, insomma. Guardando il sito della società marchigiana, sembra che le passeggiate sullo spazio siano di immediata possibilità, ed è quello che pensa anche Corinna Sperandini "presto sarà possibile e chi deciderà di fare questo tipo di turismo dovrà vestirsi. Ovviamente l’abbigliamento per l’equipaggio sarà diverso da quello dei passeggeri, ma a tutti servono alcuni elementi di base". Se ai piloti servono tute ignifughe e altamente performanti, ai passeggeri occorrerà un bagaglio più leggero, fatto però di indumenti smart e termoregolatori, perché nello spazio c’è una grande escursione termica. Fare turismo fra le galassie inoltre impone di avere sempre sotto controllo i propri parametri vitali, da qui l’esigenza di indossare indumenti smart, in grado di misurare temperatura corporea, pressione o, se serve, di fare un elettrocardiogramma in tempo reale. Niente borse costose e scarpe col tacco in una navicella spaziale, ma abiti comodi e traspiranti. Ma c’è di più, spiega la Ceo di Spacewear: "Investire nello spazio significa in ultima analisi fare ricerca e sviluppo per oggetti che poi so useranno nella vita comune, perché tutte le innovazioni messe a punto per lo spazio, poi hanno avuto un impiego nella vita di tutti i giorni".

Spacewear è la startup italiana che ha realizzato la prima tuta interattiva per astronauti che sarà testata nella Missione Virtute 1 in partenza a fine mese da Spaceport America in New Mexico, con la missione Galactic 01. Virtute 1 é la prima missione suborbitale italiana ed europea che vede pubblico e privato insieme nel quadro di una collaborazione tra Aeronautica Militare e Virgin Galactic. SFS1 (Smart Flight Suit 1) è il nome della tuta realizzata da Spacewear. A testarla sarà il comandante di missione, il Colonnello, Walter Villadei. SFS1 è stata oggetto di una dettagliata revisione dei requisiti per volare, e l’ha superata, in modo da soddisfare gli elevati standard di sicurezza imposti da Faa, la Federal Aviation Administration. Il velivolo di Virgin Galactic WhiteKnight sgancerà ad una quota di 50 mila piedi la navetta SpaceShip Two con a bordo l’equipaggio italiano, composto dal comandante colonello Walter Villadei (foto sopra) ne dai tenenti colonnello medico Angelo Landolfi e da Pantaleone Carlucci, ingegnere energetico del Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche. Il programma di ricerca della missione è volto a testare numerosi esperimenti di natura medica, fisica dei fluidi, fisiologia e durerà all’incirca novanta minuti, raggiungendo la microgravità.

La tuta SFS1, testata per reggere fino a 12 G, l’unità di misura dell’accelerazione, è composta da oltre 150 pezzi assemblati con materiali ignifughi, ma traspiranti e leggeri, e rileverà dati biomedici con sensori tessili. "Siamo nati come piccola startup, per produrre abbigliamento per lo spazio occorre investire moltissimo in ricerca e sviluppo e quindi servirebbero grandi capitali", dice Sperandini, che vive a Fano e che aggiunge "Andrà in New Mexico a seguire il lancio spaziale. Non credo che sarò fra coloro che nei prossimi anni faranno questo tipo di turismo, perché è davvero costoso, ma sono felice di portare nello spazio tecnologia wearable indossabile e il design made in italy". La missione è interamente italiana in collaborazione tra Aeronautica Militare e Consiglio nazionale delle ricerche. Il comandante di missione, l’astronauta Walter Villadei, attualmente è di stanza a Houston e capo della rappresentanza di Rami. "L’idea di produrre questo genere di abbigliamento ci è nata perché ci era stato chiesto di produrre divise per le supercar. Quindi ci siamo avvicinati al lifestyle automotive con l’idea di creare abbigliamento pensato apposta per le esigenze di quei piloti. Fare una divisa smart che dialoghi con l’auto e che monitori in tempo reale i parametri vitali del guidatore era il nostro obiettivo". Poi qualcosa non ha funzionato, ma ormai le idee era in movimento e il passaggio allo spazio è stato se non immediato, almeno una possibilità.

La startup è nata due anni fa, nelle Marche. Dice Corinna Sperandini: "Quando vediamo alla tv gli astronauti in genere hanno un t-shirt e un pantaloncino che sembra un pigiama, non esiste un abbigliamento apposito per lo spazio. Quando sei nello spazio invece sei molto molto lontano da casa e sei in assenza di gravità, quindi servono abiti molto performanti, ma anche tessuti che siano da un lato ignifughi e dall’altro traspiranti". E questo è stato proprio il primo problema da risolvere, ovvero rendere la divisa abbastanza leggera, usando materiali naturali e quindi traspiranti, ma del tutto ignifuga. Inoltre, la divisa è stata cucita unendo 150 pezzi di stoffa speciale. Perché? "Faccio un esempio, normalmente i pantaloni sono tagliati nel ginocchio, ma con una linea retta, mentre al ginocchio servirebbe una linea curva, per essere più comodo nel movimento. Cucire in maniera curva però impone maggiore perizia, tempo e ovviamente costi più elevati". Dimenticate il fast fashion, insomma, sullo spazio occorrono abiti che durino nel tempo e che siano smart.