np_user_4025247_000000
STEFANO MARCHETTI
Magazine

La musica di Muti e l’umanità ferita: "Un dialogo di mente e di cuori"

La 27ª edizione delle “Vie dell’Amicizia“: "Destinazione Giordania, terra generosa con chi fuggiva dai conflitti"

La musica di Muti e l’umanità ferita  "Un dialogo di mente e di cuori"
La musica di Muti e l’umanità ferita "Un dialogo di mente e di cuori"

Qualche sera fa un robot umanoide ha diretto l’orchestra in Corea del Sud. C’è chi vi ha visto una svolta epocale, altri l’hanno considerata soltanto una trovata bizzarra. Un robot può eseguire un programma, ma la musica richiede un’anima, un dialogo di menti e di cuori. "Gli sviluppi tecnologici fanno parte della storia dell’umanità. Ma l’importante è non uccidere la spiritualità, altrimenti è finito l’uomo", commenta Riccardo Muti. Di profonda umanità e spiritualità è intessuto il nuovo viaggio di Ravenna Festival lungo le “Vie dell’Amicizia“ che il maestro Muti si appresta a fare con la sua Orchestra Giovanile Cherubini. Tre concerti, stasera al Pala De André di Ravenna (con il sostegno della Cassa e della Fondazione Cassa di risparmio di Ravenna), poi domenica al teatro romano di Jerash in Giordania e martedì 11 nell’anfiteatro della nostra Pompei. Città che erano invisibili, sepolte dai secoli, e sono riemerse per raccontarci la loro storia. Un ponte di solidarietà costruito sulla musica condurrà gli interpreti, i coristi e artisti giordani e siriani anche al campo rifugiati di Za’atari, al confine con la Siria, che ospita quasi 80mila persone fuggite dalla guerra.

Maestro, è il 27° viaggio dell’amicizia. Non vi siete mai fermati...

"Abbiamo iniziato nel 1997 a Sarajevo e abbiamo sempre toccato luoghi del mondo spesso problematici, sia socialmente che per situazioni umanitarie, portando l’etica del fare musica insieme. Quest’anno abbiamo accolto l’invito a recarci in Giordania, una terra generosa che ha accolto persone in fuga da Paesi feriti".

Come ha pensato il programma?

"Jerash e Pompei sono solo apparentemente lontane, ma legate da una storia comune che si riflette nei due anfiteatri romani. Mi è piaciuto così cercare assonanze di un mondo antico in cui si possa leggere la nostra comune cultura. Si ascolterà l’Orfeo ed Euridice di Gluck così come Casta diva da Norma di Bellini, una pagina sublime rivolta a una luna quasi leopardiana. Un segno di speranza che io vedo anche nel finale del Canto del destino di Brahms che eseguimmo anche a Sarajevo: una meditazione sulla vita, sulla morte, sull’uomo. Fra questi brani, si incastonano musiche che affondano le radici nel Medio Oriente".

Per il concerto di stasera a Ravenna, lei ha deciso di devolvere il suo cachet al Museo Zauli di Faenza devastato dall’alluvione. Come ha vissuto quei giorni terribili?

"Drammaticamente, con enorme preoccupazione. Mi trovavo negli Stati Uniti quando è avvenuto il disastro. Essere distanti, sapendo che la famiglia era a Ravenna mentre tutto veniva travolto dall’acqua senza controllo, è stato quasi traumatico. Sentivo di non poter fare niente, se non raccogliere notizie. Anche la mia casa in campagna ha subito danni".

La Romagna ha saputo reagire...

"In maniera meravigliosa. I romagnoli hanno dimostrato di essere un grande popolo. So che qualcuno li chiama i meridionali del nord: di certo, con il loro carattere sanguigno e la loro forza, hanno dato prova di grande maturità, sopportazione e ripresa. In generale, nei momenti difficili, il popolo italiano sa davvero mostrare la parte migliore di sé".

Negli States lei ha suggellato i suoi 13 anni di direzione musicale della Chicago Symphony Orchestra. È stato nominato direttore emerito a vita. Con quale emozione?

"Con immensa gratitudine: mai nessun altro direttore è stato insignito dello stesso titolo. Quelli con la Cso sono stati anni meravigliosi. Con l’orchestra comunque continuerò a lavorare: nei prossimi mesi una tournée europea ci vedrà anche alla Scala".

Poi ci sono i progetti con i Wiener: quali?

"Con loro abbiamo già programmi fino al 2028. Mi riempie di gioia e di orgoglio il fatto che mi abbiano invitato a dirigerli a Vienna, il 7 maggio 2024, nel 200° anniversario della Nona Sinfonia di Beethoven. Pensi che quando i Wiener vennero fondati nel 1842 ne facevano parte musicisti che avevano suonato con Beethoven, quindi la tradizione va direttamente alla fonte. E non era scontato che chiamassero un direttore italiano per il bicentenario".

Anche per i suoi Cherubini c’è in vista un compleanno...

"Nel 2024 saranno vent’anni di questa orchestra che ho fondato e da cui sono passati quasi mille musicisti: oggi molti hanno acquisito posizioni di spicco in Italia e all’estero".

Sere fa a Ravenna lei ha diretto anche la Banda dell’Arma dei Carabinieri nella Sinfonia del Guglielmo Tell di Rossini. Un altro gioiello?

"Ho aderito con piacere all’invito del generale. La Sinfonia è un pezzo infernale per la banda, molto impegnativo: l’hanno eseguita con eccellente virtuosismo. Da sempre io sono legato alle bande che sono state sempre capaci di diffondere la musica a livello popolare. Mio nonno cantava la Norma o la Forza del destino perché alle feste patronali ascoltava la banda".

Maestro, l’estate è tempo di riposo. Ma lei non riposa mai?

"Scherzando, dico a volte che non mi stanco mai – ride – perché sono nato stanco".