Innovazione energetica I-Com boccia l’Italia: "Pochi brevetti"

Innovazione  energetica  I-Com boccia  l’Italia: "Pochi  brevetti"
Innovazione energetica I-Com boccia l’Italia: "Pochi brevetti"

È ORMAI UN APPUNTAMENTO consolidato la presentazione del rapporto I-Com sull’innovazione energetica, giunto quest’anno alla quindicesima edizione. Attraverso l’analisi dei brevetti (nei settori energetico, elettrico e, dal 2023, dell’efficienza energetica), l’indagine sulle attività di ricerca e sviluppo – estesa anche alla mobilità sostenibile – e quella sulle startup sviluppate nel comparto energetico, lo studio offre un monitoraggio esaustivo dell’attuazione della cosiddetta ‘transizione energetica’, nel nostro Paese e non solo. Assieme al presidente dell’Istituto per la competitività, l’economista Stefano da Empoli, ci siamo soffermati sui passaggi più interessanti.

Presidente da Empoli, come da tradizione, il primo e il secondo capitolo dello studio sono dedicati ai brevetti. Perché?

"L’aumentare del numero di brevetti richiesti in un determinato ambito è indice di un certo fermento: ci fa capire che, proprio in quell’ambito, si concentrano gli sforzi per migliorare le tecnologie attualmente a disposizione, dunque per far avanzare il grado di innovazione".

Cosa dicono i numeri di quest’anno?

"Nel 2021, i brevetti rilasciati complessivamente a livello mondiale ammontano a circa 1,8 milioni (+8,2% rispetto al 2020). La Cina continua a essere protagonista, mentre perdono terreno Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud e tutti i Paesi europei presi in considerazione nel rapporto. In particolare, l’Italia rileva una contrazione del 10% rispetto al 2020: è il dato peggiore nel campione selezionato. In ambito energetico, nel 2021 sono stati rilasciati, nel mondo, 110.000 brevetti, in aumento dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Anche in questo settore, la Cina irrobustisce la sua leadership con 38.000 unità di brevetti rilasciati, mentre in Italia si registra un calo, in termini di variazione percentuale, simile a quello rilevato nel quadro complessivo".

Per quali tecnologie si richiedono, prevalentemente, i brevetti?

"In ambito elettrico, l’attività innovativa si focalizza prevalentemente sui sistemi di accumulo, che risultano essere la tecnologia più fiorente in termini di invenzione (sono 49.470 le unità di brevetti concesse a livello globale). Seguono il solare fotovoltaico (15.436 unità di brevetti) e l’eolico (9.886 unità di brevetti): due tecnologie fondamentali per realizzare la decarbonizzazione del settore energetico - uno degli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi, ndr - e migliorarne l’approvvigionamento".

Cosa emerge a proposito dei brevetti richiesti nell’ambito della mobilità sostenibile, oggetto del secondo capitolo del rapporto?

"Con circa 14.000 unità di brevetti richieste complessivamente nel 2021 e un’incidenza del 48,3%, l’accumulo energetico si conferma la tecnologia cui è riconducibile gran parte dello sforzo di innovazione a livello globale. Negli anni 2015-2021, solo la brevettazione di veicoli ibridi è rallentata, mentre si riscontrano tassi di crescita positivi per l’area delle stazioni di ricarica (+73,5%), i veicoli elettrici (+57,8%) e le tecnologie a idrogeno (+27,1%)".

Quali Paesi dominano la scena?

"Anche nel settore della mobilità sostenibile è la Cina a primeggiare, con 4.123 brevetti depositati (+570,4% rispetto al 2015). Seguono Corea del Sud (3.458 brevetti), Stati Uniti (2.866) e Germania (2.208). Dal canto suo, l’Italia ha depositato soltanto 94 brevetti, contro i 111 del 2015. Una buona notizia arriva, tuttavia, dal comparto dei veicoli ibridi: il numero di brevetti richiesti fa emergere principalmente l’Italia (21,3%) e il Regno Unito (18,5%). L’india sembra eccellere nelle tecnologie per le stazioni di ricarica, mentre il Regno unito ottiene il primato nel deposito di brevetti riguardanti le tecnologie a idrogeno".

Un altro capitolo che impone una riflessione è quello dedicato a come l’Unione europea stia coordinando, in anni cruciali per il futuro del pianeta, l’impegno in ricerca e innovazione.

"La scadenza fissata al 2050 per la decarbonizzazione pone una sfida decisiva all’umanità. Potremmo definirla la sfida del secolo, perché riguarda la conservazione della vita stessa sulla Terra: almeno, di una vita non troppo dissimile da quella che viviamo oggi, pur in presenza di impatti climatici ormai conclamati, con ricadute politiche, sociali ed economiche di portata enorme. L’Europa dovrà, da un lato, impegnarsi a contrastare il più possibile la crisi climatica e, dall’altro, trovare il proprio ruolo nella conversione dei processi produttivi in chiave sostenibile, con le strategie definite in quel lungo cammino che conduce dal Green deal del 2019 al RePowerEU del maggio 2022. In questa partita, sarà l’innovazione tecnologica, raggiunta attraverso la cooperazione internazionale e con il contributo di tutte le parti coinvolte, a giocare un ruolo determinante".

Cosa occorre fare, pertanto, come società civile?

"Per prima cosa, è necessario informare interlocutori e stakeholder italiani del settore energetico su questi temi. Occorre, inoltre, cercare di far sentire la propria voce, sottoporre all’attenzione di Bruxelles le proprie esigenze e proposte, nonché rendere note le opportunità garantite dall’Unione europea ai territori e alle comunità dei Paesi membri".

Una parola chiave per il decennio che ci aspetta?

"Cooperazione. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, la riduzione delle emissioni potrà essere realizzata solo con l’ausilio di tecnologie oggi non presenti sul mercato, che occorrerà sviluppare ex novo. Nelle filiere produttive sarà necessario cooperare, poiché non sarà possibile raggiungere da soli un traguardo così ambizioso e complesso".