np_user_4025247_000000
ANDREA SPINELLI
Magazine

Fausto Leali dai Beatles al futuro "Voglio ancora fare il cantautore"

Concerti e nuovo album dopo una carriera infinita: "Nel ’65 coi Fab Four, Di Capri con la cinepresa filmò tutto"

Fausto Leali  dai Beatles al futuro  "Voglio ancora fare il  cantautore"
Fausto Leali dai Beatles al futuro "Voglio ancora fare il cantautore"

di Andrea Spinelli

"Questo Festival è truccato, lo vince Fausto Leali…" E chi se lo scorda Cavallo Pazzo che, nel momento topico dell’edizione ’92, fa irruzione sul palco dell’Ariston denunciando in Eurovisione la presunta combine baudiana. Appignani azzeccò i tempi giusti per strozzare il boccone in gola al popolo italiano, ma fallì predizione se è vero che l’interprete di Nuvolento arrivò solo nono e ancor oggi non mette il pezzo presentato quell’anno fra i suoi preferiti. "Dovessi scegliere tra le mie tredici partecipazioni direi che, come l’amore, il primo Festival non si scorda mai, anche perché, con un partner della levatura di Wilson Pickett quella del ’68 fu indubbiamente una bella partenza" racconta l’interprete di Deborah, 78 anni portati con baldanza, che domani sarà a Longiano (Forlì-Cesena) per scomporre e ricomporre i ricordi virati esperienza di una serata musical-letteraria (introduzione di Elisabetta Sgarbi, letture del Premio Pulitzer Andrew Sean Geer, Enrico Rotelli e Cettina Caliò) organizzata sotto l’egida de La Milanesiana.

Un altro Festival a cui tiene particolarmente?

"Quello dell’87 e non tanto per il 4° posto di Io amo, ma perché mi permise di uscire da un periodo difficile facendomi capire che la vita ti dà sempre un’altra possibilità. Convinzione rafforzata dalla quinta posizione dell’anno successivo con Mi manchi e dalla vittoria dell’89 con Ti lascerò, con Anna Oxa".

A proposito, che fine fece il purosangue che riceveste in regalo dal Totip?

"Assieme al cavallo, che valeva attorno ai 150 milioni di lire, la Sisal ci regalò uno spazio per tenerlo all’Ippodromo di San Siro subito battezzato “Scuderia Oxa-Leali“. In un anno di gare, Littoriale vinse 48 milioni di premi e Franco Ciani, marito al tempo di Anna, ci propose di devolvere tutto al Telefono Azzurro. Non avendo fatto i conti col fisco, ci arrivò sul collo una stangata di tasse. Alla fine, trasferimmo alla onlus anche la proprietà del galoppatore e quella lo vendette non so a chi. Fu così che ne perdemmo le tracce".

Al primo Sanremo arrivò sulla scia del grandissimo successo di A chi. Racconta sempre di benedire quel pezzo che le permise di comprare una Jaguar e una villa in Brianza. Almeno la Jaguar le è rimasta?

"No. Con la separazione ho dovuto lasciare la villa alla mia prima moglie e la Jaguar l’ho venduta. Dopo qualche tempo, acquistai una Ferrari usata del ’58, le tenni 6-7 mesi prima di liberarmene senza sapere che al mondo ne esistevano solo 26 esemplari e quindi avrei potuto guadagnare molto, molto di più. Siccome dalla primissima 600 in poi le auto sono sempre state legate a momenti importanti della mia vita, mi piacerebbe conservarle tutte in un garage. Purtroppo non è possibile".

Sei anni fa i ladri le hanno rubato in casa tutti i premi, dal microfonino d’oro vinto a 11 anni al concorso della parrocchia alla palma del Festival. Quale le manca di più?

"Quattro dischi d’oro conquistati al tempo in cui te li davano solo una volta raggiunto il milione di copie, più per una questione affettiva che per il valore commerciale. Ai ladri hanno fruttato di più le borse Gucci e Louis Vuitton di mia moglie".

Con i Novelity, Peppino Di Capri, Maurizio e i New Dada, nel ’65 aprì i concerti dei Beatles.

"Nel 1963, coi Novelity avevamo inciso due cover dei Fab Four, Please please me e She loves you, così quando l’impresario Leo Wächter riuscì a fargli firmare un contratto per 40 minuti di esibizione si premurò di chiamarci per allungare la durata dello spettacolo. Di Capri si presentò munito di cinepresa e i suoi filmati, assenti le telecamere Rai, rimangono tra le poche testimonianze di quel tour".

Una canzone che avrebbe voluto tanto nel suo repertorio?

"Azzurro. Al tempo in cui Celentano impazzava nei juke-box con quel pezzo, io mi esibivo nei locali interpretando i successi dei Beatles e di Ray Charles chiedendomi: ma cos’è questa marcetta? Mi ci volle del tempo per capire che razza di capolavoro gli avessero confezionato Paolo Conte e Vito Pallavicini. Un altro brano che avrei tanto voluto cantare io è L’italiano. E pensare che Celentano la rifiutò, facendo la fortuna di Toto".

Una cosa che non rifarebbe?

"Starei molto più attento nella scelta delle canzoni. Puntando sul pezzo sbagliato mi sono giocato male tre o quattro Festival di Sanremo; parlo di cose come quella Eri tu in cui figuravo, tra l’altro, pure come autore. Abbaglio mio e dei miei discografici del tempo".

E nella vita privata?

"Lì sono sempre stato abbastanza… disordinato. Ma con Germana, mia terza moglie, sono sposato da nove anni e tutto sta andando benissimo. È una donna fantastica, buona premessa per i miei migliori anni… quelli che verranno. Dai primi due matrimoni ho avuto quattro figli; ci vediamo spesso, ma non è sempre facile tenere unito il gruppo, farlo andare d’amore e d’accordo, perché, se il papà è lo stesso, le mamme no".

Se il meglio deve ancora venire, cosa c’è nel suo futuro?

"Un nuovo album da pubblicare nel 2024 con due o tre brani miei capaci di dare spessore al mio lato cantautorale, più alcuni pezzi del passato rifatti con lo spirito la voce di oggi e qualche cover".

Un artista che le piacerebbe ospitare?

"Senza fare torto a nessuno, vorrei un’interprete giovane e brava… Annalisa".