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Redazione
Moda

Da Maria Callas a Tina Turner: costumi in mostra al V&A di Londra

Visitabile fino al 7 aprile del 2024, "DIVA" celebra le figure femminili che hanno dominato la scena musicale degli ultimi due secoli, lasciando un segno indelebile nell’arte e nella moda

L'iconico "vestito di fiamme" realizzato per Tina Turner da Bob Mackie nel 1977
L'iconico "vestito di fiamme" realizzato per Tina Turner da Bob Mackie nel 1977

Cosa significa essere una “diva”? L’esibizione allestita al Victoria & Albert Museum di Londra (situato a Cromwell Road, SW7 2RL, a 5 minuti dalla fermata di South Kensington) prova a dare una risposta, immergendo i visitatori in un caleidoscopio di colori, costumi sgargianti, disegni, litografie, poster, fotografie e melodie (da Maria Callas che canta “Norma” al Teatro alla Scala nel 1954 a “Umbrella” di Rihanna) che ben traduce l’idea della curatrice Kate Bailey. Le “dive” sono «espressione di femminilità, sfarzo e potere». Carismatiche, creative e talentuose le protagoniste della mostra si muovono come dee tra le pieghe della storia.

Le dive dell’opera

La prima parte del percorso è dedicato alle prime “dive”, le cantanti d’opera del XIX secolo, “venerate” come dee irraggiungibili. La strada è aperta da Giulia Grisi, leggendaria la sua “Norma” che debuttò nel 1831 a Milano, e Maria Malibran, immortalata nel ruolo di Desdemona (nell’"Otello" di Bellini) da Henri Decaisne (siamo nel 1830). Poi arrivarono Jenny Lind (1820 - 1887), nota come l’usignolo svedese, che conquistò fama eterna nel ruolo di Amina ne “La sonnambula” di Bellini. In esposizione una litografia del 1847 che la ritrae con il costume di scena. Il viaggio ci conduce, quindi, ad Adelina Patti (1843 - 1919), soprano nato a Madrid e poi naturalizzato britannico, immortalata in una splendida foto per “Esmeralda” di Fabio Campana in scena al Covent Garden Theatre. Della Patti c’è in esposizione anche uno prezioso abito bianco disegnato dalla storica sartoria francese Morin-Blossier. Non manca, ovviamente, uno spazio dedicato alla divina delle divine, Maria Callas, vera e propria icona di stile, sul palco come nella vita privata.

Arriva il cinema

L’avvento del cinema, mirabolante arte che muove i suoi primi passi sul finire del 1800 per poi conquistare le platee già ad inizi Novecento, si accompagna all’arrivo sulle scene delle grandi stelle del muto, capitanate dalla prima “femme fatale” della storia: Theda Bara, al secolo Theodosia Burr Goodman. Nata a Cincinnati nel 1885, dopo un periodo professionalmente non proprio felice vissuto nella Grande Mela, l’attrice venne notata dal regista Frank Powell nel 1915 che la scritturò come protagonista nel film “A Fool There Was (La Vampira)”. L’inizio di una carriera tanto folgorante quanto brevissima che la vide anche nel ruolo di Cleopatra (siamo nel 1917) indossando un iconico abito con un corpetto fatto di fili di perle, per la cui realizzazione l’attrice consultò anche il MET.

Il cocktail dress di Edith Head e il bikini di Josephine Baker

La moda, in tutte le sue sfaccettature, si fa spazio tra le dive. La mostra si sofferma sul cocktail dress che Edith Head (una vera leggenda tra i costumisti, con ben 35 candidature agli Oscar e 8 statuette vinte) realizzò per Bette Davis impegnata nel ruolo di Margo Channing in “Eva contro Eva” (pellicola del 1950). Ma c’è anche spazio per lo “scandalo”, con in esposizione il costume di Josephine Baker, ancora oggi, a ottant’anni dal debutto in quel di Parigi, clamorosamente “osé”: un bikini di cristallo con coppe sospese a fragili spalline, perline rosso ciliegia sui capezzoli per dare l'illusione della nudità e una coulotte super vaporosa.

Nina Simone, Billie Holiday, Aretha Franklin e Dolly Parton

La seconda parte della mostra ci porta verso i giorni nostri. Nina Simone, Billie Holiday e Aretha Franklin si fanno paladine non solo del loro talento, ma anche della lotta per i diritti civili, “Respect” della Franklin ne è una sorta di inno. Dagli anni Sessanta in poi, la storia delle dive si apre a una giocosità consapevole, che si tratti degli esagerati stereotipi da “bomba bionda” di Dolly Parton o dell'ironia punk di Blondie, percepita con incredibile chiarezza nell'abito giallo acido che Stephen Sprouse disegnò per Debbie Harry.

L’omaggio a Tina Turner

Scomparsa lo scorso 24 maggio a 83 anni, Tina Turner ha fatto dei suoi look un punto di forza della sua carriera artistica. Dobbiamo ammetterlo, per quanto riguarda il fronte moda, Tina ha provato davvero di tutto. L’omaggio è più che dovuto ed è decisamente corposo, l’esibizione dedicata alla regina del rock conta ben 60 outfit e 250 oggetti di scena. Uno degli highlights di tutta la mostra è senza dubbio il leggendario “abito di fiamme” firmato per lei da Bob Mackie (famoso e talentuoso designer, nonché protetto di Edith Head) nel 1977.

Non solo donne: Freddie Mercury, Prince e Sir. Elton John

La curatrice della mostra Kate Bailey ha dichiarato che chiunque può essere una “diva”, indipendentemente dal sesso. E ha voluto tenere fede alle proprie parole. Freddie Mercury, che una volta disse di avere più cose in comune con Liza Minnelli che con i Led Zeppellin, è raffigurato a torso nudo in jeans bianchi attillati e una fascia di ermellino. C’è uno spazio anche per gli stivaletti di raso nero con tacco alto indossati da Prince e realizzati su misura con suole imbottite per la danza. Tra i costumi più “divini”, a primeggiare è, però, quello ideato da Sandy Powell per il 50° compleanno di Elton John. La popstar una volta disse ai suoi collaboratori «più piume, più paillettes, colori più accesi, plateau più grandi» e Sandy lo prese in parola confezionando un lungo mantello di piume bianche con inserti di frange d’argento e giacca scintillante in pieno stile Luigi XIV che, per le “modeste” dimensioni richiese al cantante di recarsi alla sua festa su un… camion! «La teatralità di quel costume è fuori scala - afferma entusiasta la Bailey - sul cappello c'è un cannone con fumo di borotalco!».

I giorni nostri

Rihanna, Pink, Adele e Beyoncé si sono aggiunte al club delle dive, ma il nuovo corso, che tanto guarda anche alle tecnologie sempre in evoluzione e ai social, apre inediti scenari, oltre le piume e le paillettes. Al di là della magia dei costumi nel "mondo reale", lo spettacolo sonda anche le trasformazioni impossibili offerte dal regno digitale. Per esempio, la mostra include anche le fantastiche maschere che James Merry ha creato negli anni per Björk, recentemente adattate per i filtri di Instagram. «C'è il desiderio e l'aspettativa di reinventare - chiosa Kate Bailey - le dive indosseranno sempre abiti o inizieranno ad adottare avatar? La velocità del cambiamento è affascinante».