A 160 anni dal canale Suez traccia la transizione ambientale

A 160 anni  dal canale  Suez traccia  la transizione  ambientale
A 160 anni dal canale Suez traccia la transizione ambientale

LA RIALIMENTAZIONE delle falde acquifere minacciate dall’aumento del livello marino, il riciclaggio delle pale delle turbine, la dissalazione dell’acqua di mare per renderla potabile, la cattura della CO2 emessa dagli inceneritori dei rifiuti urbani sono alcuni dei progetti in fase di realizzazione. La società Suez, letteralmente rifondata dopo l’Opa esercitata da Veolia nel 2021, ha messo l’innovazione al centro del piano industriale varato per consolidare i propri asset storici e la leadership nel settore della gestione dei servizi idrici e in quello dei rifiuti. Due ambiti che vedono Suez, 160 anni di storia nel comparto dei servizi pubblici, presente da oltre sei decenni anche in Italia.

Le strategie del Gruppo, leader in 40 Paesi nei settori dell’acqua e dei rifiuti, sono state illustrate a Parigi, in occasione dell’Innovation Day. Il primo organizzato dalla società, oggi totalmente privata, all’indomani delle acquisizioni di Suez Uk, Iws e Enviro Serv. "Il piano strategico fa dell’innovazione l’asset che differenzia Suez sul mercato rispetto ai suoi competitor", spiega Sabrina Soussan (foto), Ceo del Gruppo, che vanta 40.000 dipendenti nel mondo e un fatturato di 8,9 miliardi di euro. "Consentiamo ai nostri clienti di creare valore lungo tutto il ciclo di vita delle infrastrutture e dei servizi del Gruppo e di guidare la transizione ecologica coinvolgendo i gli utenti – precisa – Le aspettative dei nostri clienti riguardano i temi della sobrietà, dell’economia circolare, dell’adattamento al cambiamente climatico. L’innovazione è la chiave per cogliere tutte queste sfide". I resto lo dicono i numeri: Suez prevede di aumentare del 50 per cento di qui al 2027 il budget destinato alla ricerca. E di aumentare di quattro volte quello destinato alla decarbonizzazione. "Abbiamo investito 40 milioni nelle tecnologie - aggiunge Soussan – raddoppieremo il fatturato legato al digitale, ambito al quale è destinato un terzo dei 1.100 esperti in più di cui ci stiamo dotando".

Undicimila gli impianti di trattamento acque progettati e costruiti a livello mondiale; tra questi, 255 impianti di dissalazione e oltre 50 unità di riutilizzo acque reflue, con oltre un miliardo di persone servite. Moltte le aree di attività: acque potatbili, acque reflue, rifiuti industriali e municipali, bio-factories, dissalazione, inquinanti emergenti, carbon footprint, energy recovery. Anche l’Italia, dove il Gruppo è presente da sessant’anni, rientra nei programmi definiti dal piano strategico. "Non potrebbe essere diversamente – osserva Massimiliano Bianco (foto a lato), amministratore delegato di Suez Italia e una lunga esperienza nel settore, anche come ad del Gruppo Iren ed dg di Acquedotto Pugliese e di Utilitalia –. Questo Paese ha un gap tecnologico e infrastrutturale che può aprire a prospettive interessanti. Da valutare, però, alla luce delle difficoltà burocratiche e del particolare assetto istituzionale che caratterizza il mercato italiano rispetto a quello di altri Paesi. La speranza è di poter dare un contributo ovunque la carenza di infrastrutture è più evidente".

Promuovere investimenti, gestire grandi infrastrutture e proporre soluzioni tecnologicamente più avanzate di quelle della concorrenza i binari sui corre Suez, che in Italia ha costruito 700 asset ed è coinvolta nella realizzazione del dissalatore dell’Elba, dell’impianto di depurazione (a tecnologie a membrana) di Genova e di quello per la potabilizzazione di Torino, basato su tecnologie d’avanguardia. Progetti che si aggiungono a quanto già gestito: tra gli altri, 30 impianti di depurazione in provincia di Trento, due a Napoli e oltre 50 impianti di potabilizzazione in provincia di Viterbo. "Siamo l’unico grande operatore straniero in Italia", sottolinea Bianco. Suez, insieme ad Acea, ha presentato una proposta per il termovalorizzatore di Roma. Ed è pioniere nello studio per l’installazione, in futuro, di tecnologie per la cattura di CO2 negli impianti di incenerimento dei rifiuti. "Già oggi siamo capaci di proporre soluzioni a bassa emissione di CO2", aggiunge Delia Pastorelli, responsabile della Direzione tecnica di Suez per la dissalazione dell’acqua di mare e del progetto che sarà avviato a Lampedusa. "Entro il 2024 avremo messo a punto un modello di economia circolare e sociale per poter valorizzare la salamoia, che oggi è uno scarto". A Lampedusa è destinata l’unità pilota per applicare in futuro il modello di economia circolare sugli impianti di dissalazione di acqua di mare. E arrivare così a un modello sostenibile di distribuzione dell’acqua in risposta alla siccità. "L’impianto è autosufficiente, non ha bisogno di fornitori esterni per la potabilizzazione del permeato, prodotto insieme alla salamoia e destinato all’utilizzo umano, come acqua potabile, o industriale". Non solo. "Dalle salamoie – continua Pastorelli – si possono valorizzare anche minerali critici come il magnesio e il litio che sono commerciabili e utili ed abbassare il costo dell’acqua".

A Lampedusa Suez lavora in collaborazione con l’università di Palermo e la startup ResourSEAs. "Siamo nella fase di progettazione, contiamo di installare l’unità pilota per la fine del 2023. Se i risultati lo permetteranno, l’obiettivo è di commercializzare la valorizzazione delle salamoie a partire dal 2024".